Che argomento difficile e scottante da affrontare.
Che argomento pauroso, per certi versi di cui parlare.
Ma certamente è un argomento che ci riguarda noi Esseri Umani, tutti; perché un’azione involontaria (malattia, vecchiaia, incidenti etc.) o più raramente un’azione volontaria può far cessare la nostra vita da un momento all’altro: tra qualche ora o tra cinquanta anni, non ci è dato di sapere.
Il suicidio è un argomento tabù per l’Occidente, e non solo per la paura che incute l’azione che il il termine rappresenta, ma, anche perché per tutto il ventesimo secolo la Scienza e la Tecnologia con i loro prodigiosi ‘progressi’ anche nell’ambito delle nostre menti e dei nostri corpi, ci hanno bombardati con l’insana e illusoria idea che possiamo non solo piegare la Natura al nostro volere, ma possiamo anche scavalcarla ed assumere dei poteri in disarmonia con lo stesso Universo.
Ci hanno convinto che abbiamo il diritto di pretendere di vivere a lungo, di non ammalarci, di gustare l’elisir di lunga vita, sia che esso consista in un nuovo organo nato in laboratorio sia che una parte di noi possa essere tranquillamente sostituita da una parte meccanica.
Questa è un po’ la visione di scienziati deliranti e screanzati che appoggiano e propugnano l’avanzamento del Transumanesimo: l’uomo in parte umano e in parte macchina.
E sembra che l’Umanità ignara e ignava si stia lasciando dirigere verso quella direzione senza nulla obiettare.
Mentre gli umani che sono tuttora umani – per essere un robot oggi basta vivere la propria vita esclusivamente per guadagnare ciò che il Sistema ti fa desiderare – che hanno una visione che va al di là del loro naso, stanno cercando di affermare la visone di una nuova Umanità Umanista, che non è un semplice tornare indietro nel tempo, perché come dicono gli scientisti il progresso ormai è inarrestabile, anche a discapito della distruzione del genere umano e dello stesso pianeta che ci ospita; ma il cambio del paradigma neoliberista attuale per rimettere al centro di ogni interesse non più la Finanza e le case farmaceutiche, ma l’Uomo!
Pensate che esistono già i teorizzatori dell’Economia Umanista.
Ma tant’è, il treno corre veloce… il tempo ci dirà se frenerà e cambierà direzione o presto o tardi deraglierà.
Il suicidio.
Non mi sento all’altezza di scriverne, non ho competenze specialistiche per descriverlo ed esaminarlo, ma ho competenze umane e, credo che queste insieme ad un po’ di buon senso mi diano il diritto di poterne parlare: riguarda anche me!
Perché parlare proprio del suicidio?
In questo periodo, peraltro così critico, dove i cittadini italiani stanno chiedendo a gran voce di Vivere!
Chi volendo uscire dal carcere della nostra casa – pochi mesi fa considerata il nostro migliore rifugio – chi volendo riprendere a lavorare e chi semplicemente volendo decidere da sé cosa fare della propria esistenza.
In questo marasma di accadimenti e di sentimenti non certo positivi scatenatesi da due mesi a questa parte, ho pensato e agito più o meno come gli altri ‘intrappolati’ come me.
Ma la parola e l’atto del suicidio sono venuti da me, spontaneamente, senza essere pensati o considerati.
Si è arrivato a me quello che chiameremmo il problema del suicidio.
È un problema perché per molti è riprovevole ed è contrario ai precetti della maggior parte delle religioni: i suicidi vanno all’Inferno!
Viene anche considerato come un atto indegno e vile.
Potrebbe essere persino contagioso, e i suicidi non meritano pietà per questo, perché hanno messo in imbarazzo l’umanità che si scandalizza solo a sentirne parlare.
Il suicida ci mette davanti alla morte alla quale non pensiamo mai, perché ci hanno insegnato a pensare che arriverà a tarda età, che c’è tempo, abbiamo tanto tempo prima d’incontrarla e nel frattempo possiamo cercare con ogni mezzo la felicità, o la supposta tale, secondo il Sistema di potere in cui viviamo.
Anch’io più o meno pensavo così fino a poco tempo fa, ma la quarantena mi ha dato la forza di pensare al ‘problema suicidio’ senza paura e pregiudizi, con maggiore distacco, e la volontà di comprendere, anziché giudicare.
Naturalmente non è che una mattina mi sono svegliata ed ho deciso che dovevo ‘pensare’ al suicidio.
No, non è accaduto così.
Sono accaduti eventi oggettivi che ho captato e mantenuto in memoria.
Da quella memoria è nato il bisogno impellente e il desiderio di pensare e parlare del suicidio.
Il primo evento. Ascolto in TV come tutti che la grave crisi economica provocata dal Covid -19, porterà a tanti suicidi di imprenditori o padri di famiglia che non potranno più mantenere né le proprie aziende né le proprie famiglie.
Ok, pensiamo tutti, è ancora solo un’ipotesi, il Governo sta già provvedendo con decine di provvedimenti per aiutare il proprio popolo.
Poi ci si accorge che il Governo annaspa e gli aiuti non arrivano.
Gli imprenditori fanno i primi video che pubblicano su You Tube e sui social dove denunciano disperati che le loro aziende stanno morendo se non arrivano presto gli aiuti richiesti.
I padri di famiglia fanno altrettanto, e proprio incazzati minacciano Conte sui video che postano con accanto la figlia che mangia l’ultima fetta di pane con la nutella; non hanno più soldi per comprargliene altra.
Il Governo balbetta, e nel frattempo Giuseppi e le sue task force vengono lautamente pagati.
Poi arriva il giorno dei flash mob dei ristoratori a Milano, vengono multati e offesi nella loro dignità di lavoratori e Cittadini.
Ah! scusate, non siamo più cittadini ma sudditi – almeno di questo ve ne sarete accorti – e forse presto schiavi; almeno coloro che sopravviveranno ai vaccini obbligatori previsti per l’autunno.
Infine arriva la notizia di un primo suicidio di un imprenditore titolare di un’azienda di mobili dell’Italia centrale.
Una notizia che non fa notizia.
Ho appena il tempo di leggerla da un giornale del mainstream, che dopo un giorno non c’è più, né la notizia né nessun commento alla stessa.
Il povero suicida è morto, veramente morto fisicamente e nella mente degli altri. Anche i famigliari sembrano inesistenti, quasi degli ectoplasmi dissoltisi con lui.
Io ci faccio caso ma allo stesso tempo mi dico che un caso non fa casistica e spero che non ne accadono più.
Così anch’io mi sono liberata del problema, alzo le spalle e continuo ad occuparmi delle mie preoccupazioni.
La settimana dopo, durante la fase 2 della quarantena, dunque, mentre legittimamente faccio ‘attività motoria’ al parco vicino casa mia incontro una signora anziana che come me ama parlare con le oche del lago.
È una chiacchierata leggera, gentile, piacevole. Lei mi informa che le oche amano mangiare il tarassaco e un po’ d’erba medicinale che lei di tanto in tanto gli porta.
Da lì è immediato il passaggio al parlare della ‘prigionia’, scusate, della quarantena o lockdown (che fa più figo e ci fa sentire inferiori agli americani perchè non conosciamo la lingua internazionale) che dobbiamo osservare per il nostro e altrui bene. Nel giro di niente, mantenendo la dovuta distanza, alla quale ci siamo ormai abituati, vedo che dagli occhi della simpatica signora sgorgano delle lacrime che le velano gli occhi e le rigano velocemente le guance.
E nel mio imbarazzo e nella sua totale apertura, guardandomi mi dice: – Ma lei crede veramente che torneremo liberi? Io penso che siamo solo agli inizi…-
Comprendo bene cosa dice tra le poche parole usate e condivido, ma non glielo dico e per incoraggiarla le rispondo:
– Cosa possiamo farci? –
– Io scelgo, e scelgo il settimo piano… da dove abito… –
Resto tramortita, ho capito bene cosa intendeva dire ma non ho paura e non provo neanche avversione per quella gentile e dignitosa signora che aveva confessato a me qualcosa di così importante per lei, in un’occasione così mondana.
Ci salutiamo con la dolcezza nel cuore lasciando abbracciarsi i nostri occhi cerulei annebbiati da lacrime che non caddero mai.
Mi stringo al braccio del mio compagno e con fatica risalgo il prato verso casa.
Qualche giorno dopo vado al supermercato sotto casa.
In realtà avrei bisogno di prodotti che ha un supermercato più distante, ma voglio evitare d’incontrare la Polizia municipale che ho visto vessare poveri anziani per l’autodichiarazione assente o errata, più di una volta nei dintorni di casa mia.
All’uscita dal supermercato trovo sempre appoggiato nel suo angolo un ragazzo nigeriano che si offre sempre di portare la spesa fino a casa. Oggi, anche lui ha la mascherina e io lo guardo e gli sorrido con più generosità del solito.
Lui pensa di poter approfittare dell’occasione e sporge le braccia in avanti offrendomi di portare le mie borse.
– No grazie, ce la faccio, – rispondo al suo gesto e lui svelto si allontana da me.
– Come stai? Come vivi questo periodo? Non preferiresti essere a casa tua o tornare a casa, adesso che in Italia c’è la pandemia? –
– Mai amica, mai più tornare indietro, aspetto che finisca. –
– E se non finisse e se ci costringono a casa per lungo tempo, che fai tu? –
– Che faccio? Eh! che faccio! mi butto nel Po… –
– Ma che dici? – rimbrotto io mentre m’incammino verso il marciapiede opposto, e lo saluto con un cenno della mano.
Mi ha turbato: il tono della sua voce, il suo sguardo profondo e la sua determinazione.
Mentre torno a casa penso che in così breve tempo ho sentito parlare per ben tre volte di suicidio.
Sincronicità’? forse.
Stranamente io che mi sento una combattente e una pasdaran della Vita a tutti i costi, non mi sento di combattere contro l’altra opinione del ‘lasciare andare’ quando è la volontà della persona a deciderlo.
Dopo tanto pensare, ho concluso che forse c’è anche un tempo in cui non solo l’età o le gravi malattie, ma anche il non sentirsi più di ‘questo mondo’ possono essere dei giusti e dignitosi motivi per giustificare un atto così estremo come il suicidio.
Si chiama diritto all’autodeterminazione di fronte al quale anche la Costituzione dovrebbe inchinarsi.
Ho scoperto d’aver perso per strada le mie forti convinzioni e pregiudizi sul tema, ma non mi sento più vuota, bensì più sana ed empatica.
Certo che non darò un giudizio negativo di quell’imprenditore che si è suicidato lasciando i problemi della sua azienda alla famiglia. Penso semplicemente, e ne sento la pena, che lui abbia raggiunto quel sentimento per il quale, con la giostra in corsa abbia detto:” fatemi scendere!”
inesbuonora20
IL SUICIDIO
12 martedì Mag 2020
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